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La giurisprudenza inglese e italiana agli antipodi sulla validità dei contratti derivati di Interest Rate Swap

Il dibattito sugli orientamenti contrastanti della giurisprudenza di merito relativi alla validità degli Interest Rate Swap (IRS) a seguito della decisione delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 8770/2020 e alla luce della decisione della Commercial Court (Financial List) della High Court of Justice di Londra.

Con le precedenti pubblicazioni di dicembre 2020 e di aprile 2021 abbiamo offerto un resoconto sugli orientamenti contrastanti della giurisprudenza di merito relativi alla validità degli Interest Rate Swap (IRS) a seguito della decisione delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 8770/2020 (la Sentenza Cattolica). In questo intenso dibattito giurisprudenziale, nell’ottobre 2021 ha fatto “irruzione” una importante decisione della Commercial Court (Financial List) della High Court of Justice di Londra (la Commercial Court) con rilevanti conseguenze pratiche per gli intermediari che operano in contratti derivati.

Tale decisione ha statuito che, qualora i derivati siano retti dalla legge inglese, i requisiti di validità degli IRS delineati dalla Sentenza Cattolica non sono applicabili anche qualora una delle parti sia italiana. Nel panorama italiano segnaliamo invece che in una decisione del luglio 2021 la Corte di Cassazione si è nuovamente pronunciata dopo la Sentenza Cattolica su un contratto derivato retto dalla legge italiana: la Suprema Corte ha ribadito con fermezza l’orientamento della Sentenza Cattolica, confermando la nullità di un IRS per mancata indicazione del mark-to-market. La giurisprudenza italiana di merito ha invece continuato a dividersi, in questi mesi, sulla validità dei contratti IRS

La vicenda sottoposta alla Commercial Court

Nel 2007 un Comune Italiano (il Comune) stipulava con la filiale di Londra di un’importante banca d’investimento (la Banca): (i) un contratto derivato Mirror Swap per controbilanciare gli effetti di un precedente contratto derivato stipulato con un istituto di credito italiano; e (ii) un contratto derivato di Cash Flow Swap volto invece a gestire nel tempo parte dell’indebitamento del Comune (gli Swap). I relativi contratti ISDA erano retti dalla legge inglese. Nel 2013, il Comune iniziava ad effettuare i pagamenti previsti dal Cash Flow Swap e, nel 2018, il totale dei propri pagamenti superava i pagamenti complessivi effettuati dalla Banca. Nel dicembre 2020, il Comune decideva di non effettuare ulteriori pagamenti sostenendo che gli Swap non erano legittimi ai sensi del diritto italiano: conseguentemente, venivano omessi i pagamenti esigibili ai sensi del Cash Flow Swap del 31 dicembre 2020 e 30 giugno 2021. La Banca adiva dunque la Commercial Court per far dichiarare che, inter alia: (i) il Comune aveva la capacità di stipulare gli Swap in questione; (ii) tali contratti erano pienamente validi e vincolanti. Il Comune sosteneva di non essere invece vincolato dagli Swap: ciò in quanto la Sentenza Cattolica avrebbe affermato che gli enti locali italiani non hanno la capacità di stipulare operazioni in derivati che non indichino il mark-to-market, gli scenari probabilistici e i costi impliciti del derivato. Il Comune sosteneva altresì che la Sentenza Cattolica imponeva al Consiglio Comunale di approvare gli Swap, cosa che, nel caso di specie, non era avvenuta.

La decisione della Commercial Court

Nella sua decisione del 12 ottobre 2021 ([2021] EWHC 2706 (Comm)) il Giudice Cockerill accoglieva la domanda della Banca, rigettando integralmente le argomentazioni del Comune. La Commercial Court ha ritenuto, inter alia, che:

  • Dall’analisi delle disposizioni costituzionali sulla capacità di indebitamento degli enti locali italiani (art. 119 Cost.) non è possibile dedurre alcun tipo di limitazione per tali enti a stipulare contratti derivati anche speculativi;
  • I requisiti dei contratti derivati delineati dalla Sentenza Cattolica non riguardano la capacità degli enti locali italiani ma integrano dei requisiti di validità contrattuale propri del diritto italiano. Conseguentemente, essendo gli Swap tra la Banca e il Comune retti dal diritto inglese, i requisiti della Sentenza Cattolica (e. l’indicazione del mark-to-market, degli scenari probabilistici e dei costi impliciti del derivato) non sono applicabili;
  • Anche se tali requisiti fossero stati rilevanti, richiedere in ogni caso l’indicazione del mark-to-market, degli scenari probabilistici e dei costi impliciti del derivato sarebbe eccessivamente formalistico: infatti, l’analisi sull’effettiva valutazione del rischio da parte della controparte della banca nei contratti derivati richiederebbe, secondo la stessa Sentenza Cattolica per come interpretata dalla Corte Inglese, un approccio caso per caso;
  • La Sentenza Cattolica stabilisce che le operazioni in derivati devono essere preventivamente approvate dal Consiglio Comunale solo in caso di: (i) pagamento di un upfront; (ii) estinzione di prestiti esistenti; (iii) modifica significativa di prestiti esistenti. Nella specie, nessuno di tali requisiti era presente e dunque nessuna approvazione da parte del Consiglio Comunale era necessaria.

La recente pronuncia della Corte di Cassazione

Mentre la Commercial Court ha confermato l’inapplicabilità dei principi espressi dalla Sentenza Cattolica ai contratti retti dal diritto inglese, la Corte di Cassazione è tornata nuovamente sulla validità degli IRS, ribadendo fermamente l’orientamento della Sentenza Cattolica, seguendo quindi un approccio diametralmente opposto da quello della Commercial Court.

Con Sentenza del 29 luglio 2021 (Cass. Civ., sez. I, 29 luglio 2021, n. 21830), la Cassazione ha infatti rigettato il ricorso di un istituto di credito italiano, confermando un precedente della Corte di Appello di Milano che aveva dichiarato la nullità di un IRS plain vanilla retto dalla legge italiana per omissione del mark-to-market (Corte Appello Milano, 25 settembre 2018, n. 4242).

In particolare, la Suprema Corte ha statuito, inter alia e anche aggiungendo dettagli rispetto alla Sentenza Cattolica, che:

  • Il mark-to-market è un elemento determinante per la formazione del consenso del cliente e deve essere indicato al momento della conclusione del contratto in quanto suscettibile di determinare il consenso dell’investitore circa la distribuzione dell’alea ed i costi del contratto, specie se la controparte non è cliente professionale. In questa prospettiva, (i) l’eventuale comunicazione del mark-to-market durante l’esecuzione del contratto non potrebbe sanare il mancato accordo iniziale su tale valore; (ii) la formulazione generica di criteri di calcolo ovvero l’indicazione di criteri di misurazione che rimandano a quotazioni di mercato da parte degli intermediari non integra l’accordo sull’elemento del mark-to-market;
  • Il mark-to-market, come anche la formula matematica per la determinazione del relativo calcolo, è un elemento essenziale del contratto IRS. La sua omissione rende impossibile la misurazione dell’alea assunta: con la conseguenza che il contratto è nullo per indeterminabilità dell’oggetto.

Oltre a questi principi, la Suprema Corte ha anche chiarito la portata della Sentenza Cattolica:

  • La mancata indicazione dei requisiti stabiliti dalla Sentenza Cattolica (e. l’indicazione del mark-to-market, degli scenari probabilistici e dei costi impliciti del derivato) non integra una violazione di obblighi informativi, ma investe l’essenza del contratto medesimo determinandone la nullità;
  • I principi della Sentenza Cattolica hanno una rilevanza generale: sono dunque applicabili sia ai contratti derivati stipulati da istituti di credito con enti pubblici sia a quelli conclusi con privati.

La giurisprudenza italiana di merito

Quanto invece alla giurisprudenza di merito, dalla nostra ultima pubblicazione dell’aprile 2021 riscontriamo altre 32 decisioni sui contratti IRS, spesso di segno contrastante. In particolare:

  • 22 decisioni hanno dichiarato nulli i contratti derivati;
  • 10 decisioni hanno invece optato per la loro validità.

Tale panoramica indica chiaramente l’assenza di un’unità di orientamento tra le Corti di merito sulla validità dei contratti IRS. In alcuni uffici giudiziari, come il Tribunale di Milano, si registra addirittura un contrasto anche all’interno delle singole sezioni dell’ufficio.

Conclusioni

La decisione della Commercial Court indica che – quantomeno dal punto di vista delle Corti inglesi – i contratti derivati retti dalla legge inglese, anche se conclusi con una parte italiana, sono immuni dai requisiti di validità contrattuale richiesti dalla Sentenza Cattolica.

Per quanto riguarda, invece, i contratti derivati retti dalla legge italiana, si sta affermando il poco condivisibile orientamento giurisprudenziale, conforme alla Sentenza Cattolica e recentemente ribadito dalla Suprema Corte, in ragione del quale, a pena di nullità, gli intermediari devono indicare al momento della conclusione del contratto IRS alle proprie controparti gli elementi del mark-to-market, degli scenari probabilistici e dei costi impliciti. In particolare, la nuova decisione della Corte di Cassazione sembra confermare le pesanti conseguenze pratiche per gli intermediari che operano in derivati retti dalla legge italiana, prescrivendo una puntuale indicazione del mark-to-market prima della conclusione dei contratti, pena la nullità dei contratti stessi.

In ogni caso, continua ad esistere un nutrito e rilevante filone di sentenze di Tribunali di merito contrario ai principia indicati dalla Sentenza Cattolica: non si può dunque escludere – ed anzi si auspica – che tale orientamento di parte della giurisprudenza di merito possa, unito a pronunce come quella della Commercial Court, portare ad un ripensamento della Suprema Corte rispetto ai suoi ultimi arresti.