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La Corte di Cassazione torna sul nesso di causalità tra inadempimento degli obblighi informativi da parte dell’Intermediario e danno subito dall’Investitore

Con la recentissima ordinanza del 31 agosto 2020 n. 18153, la Corte di Cassazione conferma il proprio orientamento di tutela dell’investitore, imponendo un rigoroso rispetto degli obblighi informativi da parte degli intermediari per investimenti effettuati durante il periodo di vigenza - dal 18 luglio 1998 al 2 novembre 2007 - del Regolamento Intermediari Consob n. 11522/1998 (Vecchio Reg. Interm.), sostituito dal nuovo regolamento successivo all’introduzione della Direttiva 2004/39/CE (MiFID). In particolare la Corte: (i) da un lato, nega che gli investimenti pregressi dell’investitore possano far venire meno gli obblighi informativi dell’intermediario; e (ii) dall’altro lato, conferma il principio per cui, ai sensi del Vecchio Reg. Interm., il nesso di causalità tra inadempimento degli obblighi informativi da parte dell’Intermediario e il danno patito dall’Investitore è da ritenersi presunto.

I fatti 

Un investitore non professionale conveniva presso il Tribunale di Bologna una banca chiedendo: (i) la nullità o inefficacia o l’annullamento di un contratto di negoziazione titoli e i relativi negozi attuativi; (ii) la condanna dell’istituto di credito al pagamento del risarcimento del danno. Le domande dell’investitore venivano rigettate sia dal Tribunale che, in sede di appello, dalla Corte d’Appello di Bologna. Questa, in particolare, riteneva che, sebbene l’avvenuta consegna da parte della banca di un documento generale sui rischi non fosse sufficiente ad assolvere gli obblighi informativi gravanti sulla stessa, il cliente non aveva provato la sussistenza del nesso causale tra l’omessa informativa e il danno. Invero, posto che l’investitore aveva una significativa esperienza finanziaria pregressa su titoli di pari rischio, l’investimento era a lui adeguato: pertanto, anche se la banca avesse adempiuto ai propri obblighi informativi, il cliente avrebbe comunque compiuto l’investimento. L’investitore proponeva ricorso per Cassazione contro la decisione della Corte d’Appello, lamentando, tra l’altro, che la banca non aveva adempiuto ai propri obblighi informativi e chiedendo quindi la censura della sentenza della Corte territoriale. La Corte di Cassazione accoglieva le doglianze dell’investitore ed annullava con rinvio la sentenza della Corte d’Appello.

I principi

La Corte di Cassazione ha affermato che, sul presupposto di una irriducibile situazione di squilibrio informativo tra la posizione dell’investitore e quella dell’intermediario, sorge in capo a quest’ultimo un primario obbligo, in alcun modo esentabile, di offrire al proprio cliente la piena “informazione attiva” sulla natura, i rendimenti e ogni caratteristica del titolo oggetto di negoziazione, con la conseguenza che:

i. nonostante il danno derivante dalla violazione degli obblighi informativi da parte dell’intermediario non possa mai essere considerato in re ipsa, in assenza dell’assolvimento dei predetti obblighi sussiste una presunzione relativa del nesso di causalitàquanto alla avvenuta effettuazione di una scelta non consapevole da parte dell’investitore, i cui effetti pregiudizievoli non possono essere pertanto ascritti alla sua volontà”;

ii. la precedente o la contestuale esperienza in altri titoli rischiosi non fa in alcun modo venire meno gli obblighi previsti dalla legge in capo all’intermediario.

iii. è irrilevante, ai fini degli obblighi informativi, ogni valutazione sull’adeguatezza dell’investimento, posto che l’inosservanza dei doveri informativi dell’intermediario è un fattore di disorientamento dell’investitore che condiziona le sue scelte di investimento.

La Corte di Cassazione comunque ribadisce che l’intermediario può in ogni caso dare prova contraria di aver agito con la specifica diligenza richiesta, dimostrando di aver correttamente informato i clienti sulla natura, rischi e le implicazioni dell’operazione o del servizio.

Gli obblighi informative dell’intermediario

Alla luce della pronuncia in commento e dei principi espressi dalla costante giurisprudenza di legittimità, l’Intermediario – per tutti gli investimenti svolti sotto la vigenza del Vecchio Reg. Interm.  – deve quindi necessariamente essere in grado di dimostrare di aver fornito all’investitore, inter alia, informazioni:

i. specifiche e in concreto adeguate al singolo investimento, diverse da quelle generalmente o facilmente accessibili (Cass., sez. VI, 15 giugno 2020, n. 11549), non rilevando la pregressa esperienza in concreto dell’investitore;

ii. sulle caratteristiche originarie dello strumento finanziario che ne connotano la peculiare rischiosità (come la mancanza di rating) prima dell’investimento e non successivamente (Cass., sez. I, 28 febbraio 2018, Ordinanza n. 4727);

iii. relative, in particolare, al rischio dell'effettivo rimborso a scadenza dei titoli oggetto dell’investimento, non bastando l’indicazione della difficile liquidabilità degli stessi espressa con formule del tipo: “la non facile liquidità” delle obbligazioni o “non essere quotate su mercato Consob” (Cass. sez. I, 18 maggio 2017, n. 12544).

Pertanto, nonostante tali pronunce abbiano diretta rilevanza su investimenti effettuati nella vigenza del Vecchio Reg. Interm., le stesse mettono comunque in luce l’atteggiamento della Suprema Corte di estrema attenzione per le istanze di tutela dell’investitore non professionale, in particolare con riferimento alla necessità di un assoluto rispetto degli obblighi informativi. Tali istanze di tutela è molto probabile che si riproporranno anche nel prossimo futuro, quando le contestazioni circa gli investimenti effettuati nella vigenza della MiFID arriveranno di fronte alla Suprema Corte. Che questo sia il trend giurisprudenziale si evince anche, ad esempio, da una recente decisione della giurisprudenza di merito che ha ribadito, nel quadro regolamentare post MiFID, come le eventuali esperienze d’investimento pregresse del cliente non possano esonerare l’intermediario dai propri obblighi informativi  (Corte di Appello Milano, 5 febbraio 2019).